Il racconto della cena “Mici e filosofia”

È stato il tema del prendersi cura ad ispirare il laboratorio filosofico condotto da Arianna durante la serata.

D’altronde, la filosofia, alle sue origini, era considerata una medicina per l’anima, un sapere che non offre istruzioni per l’uso della vita, ma sentieri per pensare. E il sentiero aperto dei racconti di Ambra ci ha portato lontano.

La sua esperienza con cinque mici in particolare – Leonora, Bruce, Martino, Foresta e Gaspare – ci ha fatto riflettere, mentre i loro occhi intensi e magnetici, immortalati nelle foto appese alle pareti, sembravano osservarci.

Nei passaggi di parola e pensieri, la domanda diventava sempre più sfidante: chi si prende cura di chi? Siamo noi a occuparci dei gatti o sono loro a prendersi cura di noi? E soprattutto, nella relazione con queste creature straordinarie, quanti tratti umani finiamo per attribuire loro?
I gatti non mentono, ma sono furbi. Sono egoisti, ma in modo sano, perché sanno proteggersi e prendersi cura di sé. Cacciano e giocano, ma non sono mai gratuitamente crudeli. E allora, quanto c’è di inevitabilmente umano nel nostro modo di interpretarli?

Nel dibattito c’è chi parteggia per i felini, chi riconsidera le proprie idee, ma alla fine nessuno vince e nessuno perde. La discussione rimane aperta, come sempre accade nella filosofia. E la parola che resta, come ha osservato un ospite citando il filosofo Jacques Derrida, è “vestito”.
Perché i gatti sono nudi, ma noi li “vestiamo” con le nostre categorie, i nostri pensieri, i nostri bisogni.

E allora, se proprio dobbiamo vestirli, che sia con il manto della cura, da appoggiare su di loro con gentilezza, amore e rispetto. Senza aspettarci, però, di poterli mai davvero comprendere.

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