Quella volta fu diverso: gli umani erano accompagnati dall’individuo col camice bianco che era apparso nella visione di Cassandra, e un sinistro camioncino era appostato fuori dal cancello dei giardini. La disposizione strategica delle gabbie fu particolarmente accurata, studiata da qualcuno che conosceva a fondo la psicologia felina, e il Conte Vronskji aveva capito che di mezzo c’era sicuramente un veterinario. Ogni tanto arrivava qualcuno della loro specie, capitava che un umano di buon cuore desiderasse curare le malattie dei randagi, ma i nostri fuorilegge non si fidavano, e non si facevano avvicinare mai da alcun bipede, anche se armato di buone intenzioni: più spesso, erano armati di bastoni e oggetti contundenti… In questo caso, però, qualcosa di sinistro faceva presentire futuri, tragici sviluppi, e l’esperta in materia, naturalmente, era Cassandra.
Il Conte Vronskji propose il contatto. La gatta indovina, come sempre, non si fidava, ma il Cavaliere di Lagardère la convinse che il Conte era gatto d’onore, e che era in gioco la salvezza di entrambe le colonie, e di Topazia. La sparizione della micina era sempre avvolta nel mistero, ma sembrava evidente il legame coi bipedi, l’uomo dal camice bianco e il camioncino.
Era necessario procurarsi una lampada: i tarocchi non erano sufficienti a scrutare una situazione tanto delicata. Ma non era possibile usare la solita lanterna di Cassandra: il mercato era presidiato dai bipedi, che cercavano di spingere i gatti nella zona delle gabbie. L’idea venne a Beatrice: i suoi umani erano in possesso di una torcia da campeggio. Era necessario andare a prenderla, e si sarebbe servita dell’aiuto di Beauregard.
L’umana di Beatrice amava svisceratamente i gatti, ed era sempre disponibile a fornire gigantesche razioni di cibo a tutti gli amici di Bea che passavano in visita. Beauregard era il suo preferito, non sapeva resistere ai suoi occhioni strabici e alle sue fusa travolgenti. Così i due amici mici si occuparono di intrattenere la signora, con tutte le malizie del fascino felino, mentre il resto della colonia tentava di impadronirsi della torcia da campeggio.
Non era facile, perché l’avevano incastrata in una presa elettrica del muro: l’iniziativa era lodevole, in quanto permetteva di tenerla sempre carica, ma complicava di molto l’impresa del gruppo. Fu decisiva l’abilità di Gregorio: le sue unghie abituate a scassinare serrature e ad aprire scatolette non ebbero difficoltà a svellere la presa dal muro, mentre Lebowski lo sorreggeva sulla schiena. Kaminski avrebbe dovuto afferrare la torcia al volo, ma come c’era da aspettarsi, la mancò, e l’oggetto cadde rumorosamente al suolo. Per fortuna, l’umana era troppo occupata con Beatrice e Beauregard che la coccolavano: il professor Scipione riuscì ad afferrare la torcia e passarla al Conte Vronskji prima che il gruppo fosse scoperto.
Nelle cantine, Cassandra scrutò a lungo la luce proveniente dalla pila, finché un’immagine le si presentò davanti. Topazia! Era ancora rinchiusa in una gabbia, con uno strano essere affusolato, dai lunghi denti. Accanto c’erano vetri e scaffali. Un negozio di animali, ecco dove l’avevano portata! I bipedi delle gabbie avevano venduto la micina tutta d’oro a un commerciante di animali: per questo la guardavano con tanto interesse.
Ma come fare a scoprire dove si trovava il negozio? La città era grande, e molti Pet Shop erano in periferia, senza contare che qualcuno poteva aver portato Topazia in un luogo lontano. Bisognava scrutare ancora nella lampada. Gli occhi di Cassandra erano stanchi, ma il professor Scipione la incoraggiava: era necessario salvare la gattina, prediletta da tutti loro. Cassandra chiamò a raccolta tutte le sue forze, e continuò a scrutare la luce della torcia alla ricerca di indizi utili. Cercò di ampliare la sua visione, e dopo numerosi tentativi riuscì a vedere cosa c’era davanti alla vetrina: il sinistro camioncino. E dentro al negozio, il bipede con il camice bianco.
La colonia felina capì che era necessario seguirli. Non era facile, i gatti non sanno guidare una macchina, né una bicicletta, e non era neppure possibile dirottare un aereo, ma il saggio professor Scipione ebbe un’idea luminosa: il giorno successivo, uno di loro si sarebbe nascosto nel camioncino e avrebbe liberato Topazia.
Occorreva un coraggio mostruoso per cimentarsi in una simile impresa: solo il Conte Vronskji sembrava all’altezza. Il gatto abissino guercio aveva sfidato tutti i pericoli in cui può incorrere la vita avventurosa di un felino randagio, ma quando, il giorno dopo, cercò di infilarsi nel nascondiglio scelto, scoprì di essere troppo grosso. Uno dopo l’altro, tutti i gatti della colonia felina ci provarono, ma qualcosa rimaneva sempre fuori: la coda, una zampa, un pezzo di orecchio. L’unico portatore della corporatura adeguata risultò Kaminski, snello e affusolato, ma noto per i risultati disastrosi delle sue imprese.
Quella volta però non furono necessarie le prediche del professore o della saggia Cassandra. Il nervoso e ipersensibile Kaminski capiva benissimo che la vita di Topazia era nelle sue zampe, e decise di impegnarsi come mai aveva fatto nei suoi due anni di vita. Nascosto dentro a uno spazio piccolissimo nel portabagagli, in una vecchia ruota di scorta, si concentrò con una serie di esercizi Yoga, e stava già per addormentarsi, quando il camioncino frenò. Il distratto micio fu quasi sbalzato fuori, e solo la sua velocità nella fuga evitò di farlo scoprire quando i bipedi aprirono il portellone. Come un fulmine, sgattaiolò tra i loro piedi e si nascose nel retro del negozio, da dove cominciò a studiare la situazione.
Vedeva bene Topazia: era in vetrina, chiusa in gabbia insieme con un furetto. La feroce bestiola la mordeva e la tormentava, e Topazia ormai non aveva neanche la forza di piangere: arruffata e spelacchiata, stava nascosta in un angolo, col musino tra le zampe e gli occhietti chiusi.
Kaminski aspettò la chiusura del negozio: non era difficile per lui aprire la gabbia, il problema era non fare uscire il furetto! Qui gli vennero in aiuto gli insegnamenti del professor Scipione: il saggio cultore di lettere classiche aveva sempre invitato gli allievi a parlamentare, prima di dare battaglia. All’epoca loro erano solo micini irruenti, che avrebbero pagato per una rissa come si deve, ma in quella situazione di emergenza Kaminski valutò l’importanza dell’educazione ricevuta. In fondo il furetto cosa ci guadagnava a inseguire lui e Topazia? Meglio un bel sacco di mangime fresco, e poi la libertà…
Così Kaminski si avvicinò alla gabbia, e trattò a lungo con la bestiola, un animaletto dispettoso che si fece pregare un bel po’, ma alla fine giunse a miti consigli. Accettò la proposta del nostro amico, che in un baleno aprì la gabbia, e raccolse la piccola Topazia, tutta tremante.
“Oh Kaminski, che paura ho avuto! Quei bipedi mi hanno preso perché ero salita su un albero: inseguivo una lucertola, ma loro sono stati più svelti di me. E che fame! Non mi rimane niente da mangiare, quel mostro si porta via tutto…”
Il gatto cercò di convincerla che non c’era tempo per mangiare, ma capì che la gattina, così debole, non sarebbe riuscita a tornare nella loro piazza. Veramente, non era neanche sicuro di sapere dove si trovava… Così la rifocillò con un pugno di croccantini trovati in negozio, e si accinse all’impresa di aprire la porta. Si rese conto che non era possibile forzare quel tipo di serratura: era necessario arrampicarsi fino in cima agli scaffali e cercare di raggiungere la finestra che i negozianti avevano lasciato aperta.
L’arrampicata fu facile anche per la piccola Topazia: il felino è agile, anche a pochi mesi. Quello che preoccupava Kaminski era la discesa al suolo, e soprattutto il ritorno a casa. In quale parte della città si trovavano, rispetto alla Piazza delle Erbe? Non era stato molto attento durante il viaggio di andata, si era anche addormentato… Per fortuna, arrivati all’aperto, si accorse che una macchina era parcheggiata proprio sotto alla finestra del negozio. Con un balzo, i due furono sul tetto, e in quel momento le portiere si spalancarono.
Kaminski si aspettava di tutto: bipedi in camice bianco, veterinari, furetti armati fino ai denti. Invece, dalla macchina saltò fuori l’intera colonia felina di Piazza delle Erbe. Come era possibile?
Beatrice si era fatta dare un passaggio dalla sua umana: durante la consueta passeggiata serale, l’aveva condotta fino alla macchina, e a forza di disperati miagolii, l’aveva convinta ad aprire la portiera. L’umana, sbalordita, aveva visto la Gatteria al completo balzare dentro la sua vecchia e scassata macchinina, prendere posto sul sedile posteriore, e farle capire chiaramente che bisognava andare da qualche parte. Dove, non lo sapevano nemmeno loro, ma era necessario andare.
Per l’umana ogni desiderio di Beatrice era un ordine: inforcò gli occhiali, riuscì a mettere in moto il macinino, e partì. Cassandra scrutava nella torcia da campeggio, dava le coordinate, e il professor Scipione suggeriva la direzione con la coda. Fu necessario battere la città palmo a palmo, ma il negozio fu trovato, e i gatti messi in salvo. Verso mezzanotte, lo strano equipaggio sbarcò nella piazza, dove erano attesi dal Conte Vronskji e dal suo Stato Maggiore dei Randagi. L’eroismo e l’astuzia di Kaminski furono oggetto di lodi e di leggenda per molti anni a venire: durante innumerevoli partite a carte fu invitato a rievocare i particolari dell’avventura, e in quelle occasioni gli amici cercavano anche di farlo vincere, impresa assai più difficile che la liberazione di Topazia.
Dopo pochi giorni, i bipedi delle gabbie abbandonarono il tentativo di controllo della popolazione felina: come si sa, il felino è incontrollabile, affascinante e imprevedibile. L’umana di Beatrice non capì mai cosa fosse successo, perché era un po’ tonta, ma fu contenta lo stesso della sua gita: si affezionò a Topazia, la gattina tutta d’oro, e la accolse come ospite fissa alla sua tavola.
Tutto ritornò come prima: si cacciava, si amoreggiava, si giocava a carte e si intortavano i turisti giapponesi. Solo Cassandra, per un po’, si rifiutò di guardare ogni tipo di luce artificiale: i suoi delicati occhioni verdi erano molto, molto stanchi. Però gli amici, riconoscenti, cominciarono a prendere sul serio le sue profezie, e per merito suo, e dei saggi consigli del professor Scipione, la colonia felina visse, proliferò e si moltiplicò ancora a lungo nella Piazza delle Erbe. Per molti anni, si raccontarono ai micini le leggendarie imprese del Conte Vronskji, delle gabbie e dei furetti, finché un micio istruito decise di scrivere tutta la storia, così come è arrivata a voi, e il professor Scipione la tradusse in latino, in greco, e anche in russo, che tanto, secondo lui, è uguale.
Racconto gentilmente concesso all’Associazione “Una Zampa sul Cuore” dall’autrice Beatrice Nefertiti